10/02/09

LE PAGINE DELLE FRAZIONI (2008)


     in questo spot     :
Lettera del Parroco
Notizie dal museo
Nomadelfia a Bardonecchia: quando conobbi don Saltini
Il pane benedetto
(Simone del Savio) Il piccolo corista di Melezet ha fatto strada...
Ricordo di Gildo Nuvolone
I restauri della chiesa di S. Lorenzo
Fotografare gli animali... un arricchimento interiore senza confini!
“Arboreto Selvatico”: Eugenio Bolley espone
Doppio furto alle cappelle di Millaures
Festa al Cotarlau
Restauri alla cappella di San Claudio
Strettoia di Millaures
Furti nelle cappelle
Sant’Andrea 2008
Ricordare Rochemolles, 25 anni dopo
Il gipeto Argentera è tornato in libertà

Lettera del Parroco
Il Bollettino si apre, per consuetudine, con questa “Lettera del Parroco”, nella quale si possono trattare vari argomenti, ma in generale ci si limita all’orizzonte delle nostre comunità.
Vorrei, ancora una volta (non è una novità, purtroppo!) tornare sul problema della mancanza di sacerdoti, perché in questi ultimi tempi si è fatta più grave e con conseguenze pratiche per la vita delle nostre parrocchie.

Forte Bramafam, un sogno divenuto realtà


FORTE BRAMAFAM - Veduta aerea
Costruito tra il 1874 ed il 1889 sul colle che domina la conca di Bardonecchia, il Forte Bramafam venne concepito allo scopo di proteggere lo sbocco della Galleria del Frejus da eventuali puntate di truppe francesi che non fossero state arrestate dai sistemi di distruzione interni al tunnel ferroviario.

Don Vachet (2008)

(indagine ...ritardata di un crimine)
(2ª parte -La  Parte prima - sul Bollettino 2007)

Abbiamo trattato, nel Bollettino Parrocchiale dello scorso anno, dell’efferato, inspiegabile ed irrisolto delitto che portò alla morte del settantaquattrenne parroco di Bardonecchia don Giuseppe Maria Vachet, trafitto da 11-12 stilettate al fianco sinistro nella sua stanza da letto, la notte del 20 agosto 1868. In quella puntata, come in questa, si fa’ spesso riferimento a fatti comprovati da documentazione certa che non trova spazio sufficiente in queste pagine ma che è reperibile e consultabile in originale negli archivi della Parrocchia o in quelli della biblioteca vescovile di Susa. Si diceva delle difficoltà incontrate da don Vachet nel realizzare la nuova chiesa; queste difficoltà sarebbero vieppiù aumentate per quel che riguardava la successiva manutenzione se le autorità ecclesiastiche, alquanto previdenti, non avessero creato un sistema per ricavare denaro. Infatti già dal 475 d.c. Papa Simplicio prima e successivamente Papa Gelasio I (499) introducevano l’istituto della  fabbriceria,  organo che amministrava il patrimonio di una chiesa, per la conservazione e manutenzione del manufatto (la  fabrica ecclesiae ) e per le spese del culto. (Non si pensi che fosse un ente di poco conto, infatti era provvisto di un consiglio di amministrazione nominato, d’intesa con l’autorità ecclesiastica, dal Ministro dell’Interno e dal Prefetto, col divieto,  all’art. 29 , di ingerirsi nei servizi di culto . L’attivo era costituito dalle donazioni di privati, dalle rendite di immobili e terreni, dal ricavato delle messe dedicate e quant’altro. Nel 1875, set te ann i dopo la scomparsa di Don Vachet, Don Tournoud Jean Baptiste, suo successore, redigeva una minuziosa statistica del patrimonio parrocchiale conservato negli archivi). Si tenga presente che all’epoca non esistevano banche in questi piccoli paesi, per cui le fabbricerie ne svolgevano ufficialmente le funzioni, anche se in un modo tutto particolare.

Bardonecchia nella 1ª Guerra Mondiale


I combattenti di Bardonecchia nella 
1ª Guerra Mondiale (1914-’18)

In loro ricordo nel 90º anniversario dalla fine del conflitto
Illustrano l’articolo alcune foto in rappresentanza di tutti i soldati bardonecchiesi che partirono per la guerra ( N.d.R. ).

«[...] Questo è l’Isonzo e qui meglio mi sono riconosciuto una docile fibra dell’universo
[...] Questa è la mia nostalgia che in ognuno mi traspare ora ch’è notte che la mia vita mi pare una corolla di tenebre» (Giuseppe Ungaretti -  I Fiumi  - Trincee del Carso - 16 agosto 1916)

Nel 2008 ricorre il 90º anniversario della fine del Primo conflitto mondiale, poiché il 4 novembre 1918, all’indomani della vittoriosa battaglia di Vittorio Veneto e della firma dell’armistizio da parte dell’Austria-Ungheria, terminarono le ostilità su tutto il fronte italiano. Ed è pensando al tempo trascorso da quel giorno che si è deciso di dedicare ai nostri coraggiosi concittadini che hanno partecipato alla “Grande Guerra” questo affettuoso ricordo, poiché essa richiese un tributo di giovani vite anche a Bardonecchia.
Remigio Bompard (papà di Milena e Nella Bompard
Dalla documentazione in nostro possesso risulta che circa un centinaio di abitanti del paese e delle sue frazioni partirono dalle montagne che conoscevano e amavano, chi alpino, chi fante, chi bersagliere, chi artigliere, per le zone di guerra: di essi ventisette morirono, sui campi di battaglia o per malattia contratta al fronte, lasciando vedove, orfani, padri e madri senza conforto e senza sostegni, in una realtà ancora rurale e sostanzialmente povera. Coloro che tornarono salvi ebbero l’animo segnato per sempre dal  ricordo indelebile della guerra di trincea, dei commilitoni morti, del freddo e della fame che patirono. Ancora oggi i lricordi, narrati dai figli e dai nipoti, parlano del dolore incancellabile provato dal momento in cui, nel furore delle battaglie, furono costretti ad uccidere e ad assistere a vere e proprie carneficine, ma parlano anche di eroismi, di grande solidarietà e di altruismo.
Tra le valorose gesta dei soldati bardonecchiesi e valsusini si annovera la gloriosa conquista del Monte Nero, la cui vetta (2.245 metri), ora in territorio sloveno, si trova tra le conche di Plezzo e Tolmino, in quella che era una posizione strategica per le sorti della guerra italo-austriaca: all’alba del 16 giugno 1915 gli alpini del Battaglione Exilles (appartenente al III Reggimento Alpini), del quale facevano parte molti dei soldati bardonecchiesi che qui omaggiamo, al comando del capitano Arbarello e del sottotenente Picco (che morì in questa valorosa azione), espugnarono le difese austroungariche assicurando così all’Italia il con trollo del massiccio montuoso.

LE MEMORIE DI UN GIOVANE MONTANARO


LE MEMORIE DI UN GIOVANE MONTANARO

All’inizio del Settecento Bardonecchia, che apparteneva alla Francia da 350 anni – da quando cioè aveva cessato di esistere il Delfinato autonomo – era abitata da circa 180 famiglie e 800 persone: un altro migliaio di abitanti era distribuito nei paesi della conca, le odierne frazioni di Rochemolles, Melezet, Les Arnauds e Millaures.
In particolare a Millaures viveva una cinquantina di famiglie, tra cui quella del giovane Joseph Guiffre, che, come tutte, viveva delle magre risorse agro-pastorali di una montaga di nove mesi di inverno e tre mesi di inferno. Il nome di questo montanaro è giunto fino noi poiché egli aveva l’abitudine di annotare in un quadernetto gli avvenimenti del paese e della famiglia. Si tratta di annotazioni che partono dal 1703 e che ci offrono un contributo diretto, a tratti commovente, per rievocare – al di là dei resoconti ufficiali – gli eventi di cui ricorre il terzo centenario: accanto alla “grande storia”, di cui Bardonecchia visse in quel tempo una breve pagina, la “piccola storia”, quella che si conserva attraverso la testimonianza di un uomo qualunque, alle prese con i suoi problemi di quotidiana sopravvivenza. Cominciamo a scorrere il memoriale, nella traduzione dal francese, a partire dal 1706, anno del quale il Guiffre ricorda un solo evento, che evidentemente lo ha molto impressionato:
A sinistra: il duca di Savoia Vittorio Amedeo II.
A destra: il generale Otto Rehbinder. (collezione A. Bianco)



«Nell’anno 1706, il 12 maggio, alle nove e mezza del mattino il sole si è oscurato, la luce del giorno è scomparsa di colpo e si potevano vedere le stelle come di notte. Io e mio fratello Jean Pierre, che lavoravamo a Bardonecchia alla costruzione di un muro nel giardino di Jean Nevache, abbiamo dovuto smettere il lavoro perché non ci vedevamo più. Quando il sole si è oscurato faceva molto freddo, poi è cominciato a riapparire il giorno come se fosse l’aurora, e il sole era così accecante che non vi si poteva rivolgere lo sguardo».

1708-2008: Bardonecchia italiana


1708-2008: terzo centenario di Bardonecchia italiana

Sabato 2 agosto 2008, alle ore 18, al Palazzo delle Feste, con la sfilata del picchetto d’onore del Reggimento Fanteria d’ordinanza Piemonte, Alessandro Bianco e Giancarlo Melano hanno presentato “Dalla Savoia una sortita a Bardonecchia. La voce di un protagonista”, letture dal diario di Joseph Guiffre di Millaures (anni 1706-1713), accompagnate da proiezioni (carte geografiche antiche, immagini dei luoghi, ritratti dei personaggi). Sottofondo e stacchi da musiche d’epoca fornite da “Torino 1706”. Ha coordinato Maria Luisa Tibone e concluso Gustavo Mola di Nomaglio.
Domenica 3 agosto alla Tour d’Amun sei artiglieri e dieci fucilieri del Reggimento d’ordinanza Piemonte e del Corpo Reale d’artiglieria rievocano gli eventi con sparo del cannone.
Si è così celebrata la lenta occupazione delle Valli alpine. Per strappare alla Francia il presidio delle Alpi piemontesi (Susa, Exilles, Fenestrelle) la prima mossa è stata la riconquista di Susa. La città si è arresa il 22 settembre 1707 al principe Eugenio, tornato dalla Provenza. Chiomonte è stata occupata e la Cittadella di Susa è caduta il 3 ottobre, poi l’esercito è passato ai quartieri invernali ed il principe ha lasciato per sempre il Piemonte. Nel 1708 Vittorio Amedeo, preso il comando dell’esercito, è passato dal
Moncenisio nella valle savoiarda dell’Arc e a fine luglio ha occupato Bardonecchia. Di qui è sceso sul Forte di Exilles del quale ha avuto ragione il 12 agosto. In Val Chisone il Forte Mutin (l’attuale Forte di Fenestrelle non era ancora stato costruito) si è arreso al generale Rehbinder il 31 agosto. Vengono così conquistati gli escartons di Pragelato e di Oulx, preludio allo spostamento ufficiale del confine sullo spartiacq ue. Sono queste le Valli Olimpiche  del 2006.
Pubblichiamo una sintesi dell’intervento di Alessandro Bianco, che ha suscitato molto interesse. 
(Maria Luisa Tibone)

L’ANGOLO DELLA CULTURA

L’abate Baruffi e la festa di Sant’Ippolito

Uno dei personaggi che molto contribuì a provincializzare lo Stato sabaudo fu sicuramente il monregalese abate Baruffi, docente presso l’Università di Torino, il quale si occupò oltre che di filosofia, anche di letteratura, storia e scienze naturali.
Ritratto di Luigi Des Ambrois de Névache.
Dal 1834 viaggiò molto attraverso paesi come: Olanda, Austria, Ungheria, Egitto e Turchia inviando un resoconto sottoforma di lettere alla “Gazzetta Piemontese”; le lettere vennero poi raccolte in tre volumi stampati nel 1841. Molte furono anche le “passeggiate autunnali” nei dintorni di Torino.
Durante una di queste “passeggiate” nell’agosto del 1861 l’abate si recava in alta Val Susa, ospite a Oulx del cavaliere Luigi Des Ambrois de Névache, per visitare i lavori del traforo e «presentare una relazione sullo stato presente di quest’opera gigantesca al congresso scientifico di Francia, che doveva aprirsi il 16 del prossimo mese di settembre nella città di Bordeaux»
«Il caldo estremo e prolungato eccessivamente aveva fatta quasi deserta la città di Torino, sicchè si correva oltre il consueto della stagione in cerca di aure fresche e trovai i vagoni della strada ferrata pieni zeppi di torinesi e di viaggiatori. Da Susa a Bardonnêche sedeva meco nel  coupé  della diligenza un vecchio belga oltre ottuagenario e molto allegro, il quale aveva lasciato pochi dì prima Bruxelles per correre ad abbracciare ancora una volta un vecchio amico compaesano, addetto ai lavori del traforo delle Alpi.

07/02/09

Particolari sugli avvenimenti successi a Corps (2008)


Particolari sugli avvenimenti successi a Corps

«... videro una bella Signora che brillava di luce
e piangeva e si spaventarono nel vederla».

È la signora Irene Masset a consegnarci copia di una importante lettera appartenuta al suo trisavolo Pietro Souberan di Rochemolles. L’originale è stato donato il 22 aprile 1952 a p. Caterini dei Missionari della Salette.
Questa lettera, datata 25 novembre 1846, è di Jeanture, abitante a Corps, scritta a suo fratello artigliere presso il Castello di Queyras: «Mi si chiedono notizie dei due bambini che hanno visto la Madonna. I particolari sono tanti e potrei dimenticarmi di qualcosa, ma si può credere, caro fratello che la Madonna è veramente apparsa nelle nostre montagne della Salette. Sono venute parec- chie persone importanti da ogni parte, per assicurarsi del fatto e per interrogare i due bambini, ma non sono riusciti a coglierli in menzogne, né a fare loro cambiare idea. Si è offerto loro del denaro per farli ritrattare, ma non lo hanno neppure guardato; li hanno minacciati di morte, ma anche questo non li ha smossi e continuano a ripeter che se la gente non cambia, se non si santifica la domenica e se non si aumenterà la fede in Dio saremo perduti.

06/02/09

Quel trittico tutto astigiano


Quel trittico tutto astigiano in vetta al Rocciamelone

PORTATO 650 ANNI FA DAL ROTARIO,
NEL 1958 L’IMMAGINE TAUMATURGA FU AD ASTI

Il 31 agosto e il 1º settembre 2008, la città e la Diocesi di Susa hanno festeggiato l’anniversario di una storica scalata: sono trascorsi, infatti, 650 anni da quando un astigiano, tal Bonifacio Rotario, portò sulla vetta del Rocciamelone un trittico in ottone con l’immagine taumaturga della Vergine.
Alle celebrazioni della Valsusa si sono uniti anche gli alpinisti della Sezione di Asti del C.A.I. per una sorta di gemellaggio naturale nel nome di Bonifacio Rotario.
Una storica ed antica amicizia, dunque, lega le due città “romane” di Asti e Susa.

Mons. Rossi incorona la Vergine
Fu ancora un astigiano a legare il suo nome alla Madonna del Rocciamelone, Patrona della Valsusa: Mons. Umberto Rossi (1879-1952), originario di Casorzo Monferrato (Diocesi di Casale, ma provincia di Asti), fu nominato Vescovo di Susa da Papa Benedetto XV il 13 giugno 1921; consacrato Vescovo il 14 agosto 1921, fece il suo ingresso solenne in Susa il 6 novembre successivo.
Mons. Rossi aveva promesso di fare del “Rocciamelone” uno degli scopi della sua cura pastorale, e mantenne la parola. Il 12 agosto 1923 inaugurò, alla presenza del Duca di Pistoia, la nuova cappella-rifugio da lui fatta erigere sulla vetta, a 3.535 metri d’altezza.
Nel 1925 indisse e guidò personalmente un pellegrinaggio diocesano che si spinse fino alla vetta. Il 10 agosto 1930, alla presenza di S.A.R. Umberto di Savoia (erano presenti, inoltre, i Vescovi di Casale, Novara, Aosta, Acireale, Pinerolo e Mons. Angelo Bartolomasi, Arcivescovo Ordinario Militare d’Italia), incoronò solennemente la Madonna nella Cattedrale di Susa, ed il 15 agosto andò ad incoronarla in vetta.
La cartolina raffigurante il Trittico
con Annullo Speciale delle Poste Vaticane,
datato 1 settembre 1358-2008.
Ecco la testimonianza di un pellegrino presente all’incoronazione (Archivio Storico Diocesano di Susa,  La Valsusa  del 30 agosto 1930):  «Mi fu pure concesso di assistere all’Incoronazione del Trittico leggendario: fu il brivido e l’attimo per cui eravamo venuti, e parve l’intera montagna un altare solenne flagellato, e tutto il pellegrinaggio e tutta la sofferenza un’unica, infinita Messa divina di preparazione: - ditemi, o compagni più degni di me, se quando il Vescovo Rossi portò sulla soglia il Sacramento
a benedire tutto il mondo, voi non abbiate visto la Vergine più bianca della neve, il Bronzo dei Bimbi d’Italia, alzare sulla Patria le braccia unite, e sorridere?».

 Il trittico ad Asti 600 anni dopo
All’inizio di settembre del 1958, indetto dal Vescovo Giacomo Cannonero, la Diocesi di Asti celebrò il suo settimo Congresso Eucaristico e Mariano. Tale Congresso coincise con tre importanti ricorrenze: nel Centenario di Lourdes, nel sesto centenario del trittico di Rotario e nel decennale della “peregrinatio Marie” (Madonna Pellegrina).
Il ritorno provvisorio ad Asti del famoso trittico venne concesso dall’indimenticabile Vescovo di Susa, Mons. Giuseppe Garneri: l’opera sacra, dopo una breve sosta a Villanova d’Asti, raggiunse il santuario della Madonna del Portone. Qui Mons. Cannonero incensò l’immagine e migliaia di fedeli astigiani passarono a baciarla.
Il Vescovo di Asti ricordò i vincoli di fraternità che uniscono le Diocesi di Susa e di Asti nella memoria benedetta del venerando Vescovo di Susa e poi di Asti (per vent’anni, dal 3 luglio 1932 al 6 agosto 1952), Mons. Umberto Rossi.  «Il Congresso Eucaristico-Mariano  – disse il Prelato –  risponde agli intimi evidenti rapporti che vi sono tra Maria SS. e Gesù. Maria è Mediatrice in quanto nel presente ordine della redenzione non c’è grazia che ci venga data senza che c’entri la Madonna: come Gesù è nostro avvocato presso il Padre, così la Vergine veglia sulle nostre necessità e le presenta a Dio».
Infine, sul sagrato del santuario, il Vescovo Cannonero baciò per tutti gli astigiani il trittico di Bonifacio Rotario, che fu sistemato sulla macchina del prevosto del Duomo di Susa, mons. Marra, e partì, fra ovazioni, battimani e lacrime di commozione, alla volta di Susa, dove seicento anni prima lo aveva portato il nostro illustre concittadino.
 Stefano Masino

A Bardonecchia la Colonia Astigiana (2008)


Quando mons. Bellando aprì le porte di Bardonecchia
alla Colonia Astigiana

NEL 2010 CADRÀ IL 60º DI FONDAZIONE    
(60 anni di attività già nel 2009)

Domenica 13 agosto 2006, il Vescovo di Asti Mons. Francesco Ravinale ha presieduto in Sant’Ippolito la S. Messa delle ore 11, celebrata in onore del Martire Patrono di Bardonecchia. All’inizio della solenne funzione, il Parroco don Franco Tonda ha rivolto al Prelato il saluto ed il ringraziamento a nome di tutta la comunità, rimarcando la storica amicizia tra Susa e Asti. In particolare ha menzionato la data del 1º settembre 1358, quando l’astigiano Bonifacio Rotario portò sulla Vetta eccelsa del Rocciamelone l’immagine taumaturga della Vergine. Inoltre ha ricordato la presenza, in Bardonecchia, della Colonia Astigiana “Porta Paradisi”, fondata nel luglio 1950 dall’indimenticabile don Aquilino Molino  (co-fondatori sono due sacerdoti: don Natale Nebiolo, allora viceparroco a Casabianca, e don Giuseppe Bodda, allora viceparroco a Castello d’Annone).
Gli stabili della Colonia, oggi diretta da don Attilio Novo (economo della Diocesi di Asti), sorgono sopra il “Borgo Vecchio”, a quota 1.350, dove inizia la strada che sale alle Grange della Rhô.
Nel pomeriggio, prima e dopo il Vespro, Mons. Ravinale si è recato, quasi come in “visita pastorale”, alla Colonia, dove l’aspettavano i direttori, le maestranze ed i numerosi villeggianti.
Asti e Susa, dunque, unite non solo nel nome di Rotario. A Bardonecchia, nella parrocchia di Sant’Ippolito, fervono già i preparativi per il 60º di fondazione della Colonia Astigiana “Porta Paradisi”, che cadrà nel 2010 (don Molino, però, volle celebrare il venticinquesimo anno di attività nell’estate del 1974, considerando cioè il 1950 come effettivo primo anno di “attività colonistica”). Sarà invitato a presiedere il Card. Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio e Segretario di Stato emerito, concelebranti i Vescovi delle due Diocesi.
Alle origini della Colonia troviamo una figura nobile della Chiesa, che è sempre scolpita nei nostri cuori: mons. Francesco Bellando. Fu proprio l’amato Parroco di Bardonecchia ad accogliere in paese don Molino, fondatore della “Casa astigiana”, in quel lontano e piovoso 13 giugno 1950. «Ci presentiamo al Parroco locale  – scrive don Molino nel libro “Colonia Famiglia gioiosa” (Scuola Tipografica S. Giuseppe, Asti, 1974) –, rev. don Francesco Bellando: è il primo contatto con lui, inizio di una serie ininterrotta di contatti sempre improntati a cordialità squisitamente signorile. Non avevamo sbagliato porta. Don Bellando si immedesima subito della situazione. Raccoglie idee, riflette; e poi suggerisce una casa prospiciente la piazza della chiesa parrocchiale. Appartiene all’avv. Agnes, residente a Susa [...]».
La Colonia astigiana iniziò così la sua attività, ai primi di luglio del 1950. Trascorso appena un anno, nel giugno 1951 l’attività colonistica venne trasferita nella sede attuale (gli stabili ristrutturati erano ex capannoni militari edificati nel 1939), sopra il Borgo Vecchio, dove inizia la mulattiera che sale alle Grange della Rhô. L’atto di acquisto dei terreni venne stipulato a Bardonecchia, in una sala gentilmente concessa dal Parroco don Bellando, il 23 agosto 1950, notaio il dott. Venanzio Ferraris (l’atto notarile porta il N. di Rep. 5911, registrato a Susa l’11 settembre 1950, al n. 214). Per l’acquisto dei fabbricati, già in uso da quattro anni della Colonia, occorse aspettare il 30 settembre 1954.
I caseggiati della Colonia-pensionato (nel 1953 venne istituita la “Casa per ferie” e l’anno seguente il “soggiorno gruppi giovanili”) dominano dall’alto il paese e sono baciati dai primi raggi del sole nascente. La cerchia dei monti retrostanti, denominati “Catena dei Re Magi”, costituisce una barriera-riparo che offre uno spettacolo panoramico di incomparabile bellezza di aspetto dolomitico.
Molte furono, nel tempo, le personalità di Chiesa che desiderarono visitare e furono ospiti della Colonia; ne citiamo alcune: Mons. Renato Spallanzani, allora Segretario del Vicariato di Roma (poi Vescovo Ausiliare di Siena); Mons. Giuseppe Garneri, Vescovo di Susa, che definì l’opera della Porta Paradisi «santa e provvidenziale»; Mons. Giuseppe Monticone, archivista di Propaganda Fide; Mons.
Carlo Rossi, allora Vescovo di Biella; Mons. Tomaso Berutti, allora Vescovo di Peng-Pu in Cina; Mons. Gioacchino Pedicini, allora Vescovo di Avellino; Mons. Guido Casullo, allora Vescovo di Nusco (poi Vescovo missionario in Brasile); S.Em. il Cardinale Enrico Dante, che fu per lunghi anni a fianco dei Papi; il citato Cardinale Angelo Sodano; oltre naturalmente a tutti i Vescovi di Asti: Umberto Rossi, Giacomo Cannonero, Nicola Cavanna, Franco Sibilla, Severino Poletto (oggi Cardinale Arcivescovo di Torino) e “Padre” Francesco Ravinale.
Parlando di uomini di Chiesa legati a Bardonecchia, non si può dimenticare il compianto canonico professore Angelo Fasolio, cappellano, padre spirituale e fedele collaboratore della Colonia, il quale per tanti anni celebrò e fu apprezzato predicatore in Sant’Ippolito alla S. Messa domenicale delle ore 10.
Quando si trattò di dare un nome alla Colonia Astigiana, non ci furono esitazioni: “Porta Paradisi”, in omaggio alla Madonna del Portone, tanto venerata dagli astigiani nell’antico santuario cittadino. Fu il compianto Vescovo Umberto Rossi (1879/1952), in occasione del Giubileo episcopale di Papa Pio XII, ad ottenere dal Pontefice la proclamazione di N. S. Porta Paradisi a compatrona della Diocesi di Asti (era l’8 novembre 1946).
«Così il nome della Madonna del Portone – scrive ancora don Molino nel citato libro –  viene invocato da cento e cento cuori (circa 450 persone ogni anno) in quest’angolo rinomato della Diocesi di Susa, che tanti legami, antichi e recenti, ha con la Diocesi di Asti. E la Madonna del Portone, da questa Colonia che è “sua”, veglia sui bimbi, in quella terra che ospita la Madonna del Rocciamelone, dono dei bimbi  d’Italia...».
Quasi a voler anticipare quell’antico quanto solido legame nel nome di Maria “Porta del Cielo”, nella facciata dell’Ottocentesca chiesa parrocchiale di Sant’Ippolito vi è scritto: “Domus Dei et Porta Coeli”.
 Stefano Masino

LE VACANZE A BARDONECCHIA DEGLI UNIVERSITARI DI CL


Una sfida che viene dal reale
LE VACANZE A BARDONECCHIA DEGLI UNIVERSITARI DI CL
 (foto omesse)
La città di Bardonecchia dal 27 luglio al 2 agosto è stata il teatro della pacifica “invasione” di quasi cinquecento universitari provenienti un po’ da tutta Italia aderenti al movimento cattolico di Comunione e Liberazione. Il grande Villaggio Olimpico di viale della Vittoria, eredità di Torino 2006, ha ospitato questi giovani per cinque giorni, ma l’intera città ha avuto il piacere di accoglierli e loro non hanno per nulla disdegnato le passeggiate tra le vie di Bardonecchia ed i locali cittadini.
La prima impressione che ha avuto chiunque sia entrato nella tenso-struttura costruita ad hoc nel piazzale antistante l’hotel è stata quella di una grande familiarità tra questi ragazzi. La cosa è tanto più sorprendente se si pensa alla distanza fisica e di costumi dei partecipanti, erano infatti le vacanze di quattro diverse comunità del CLU (Comunione e Liberazione Universitari) – quella di Torino, dell’Abruzzo, del Molise e della Puglia – e se si pensa che per molti di loro era la prima occasione di incontro.
Luigi Giussani, fondatore del Movimento di cui questi universitari fanno parte, ripeteva fin dalle origini ai suoi ragazzi: «La vacanza è il tempo più nobile dell’anno, perché è il momento in cui uno si impegna come vuole col valore che riconosce prevalente nella sua vita oppure non si impegna affatto con niente e allora, appunto, è sciocco». È pos sibile affermare con certezza che questi cinque giorni abbiano visto ragazzi fortemente impegnati con la propria vita. Infatti sotto un grande striscione – “una sfida che viene dal reale” –  si sono alternati momenti di preghiera, di riflessione sul mondo ed interventi di docenti universitari (quali tra gli altri il prof. Stefano Alberto, docente di Introduzione alla Teologia Cattolica all’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano). Non solo. Un gruppo di ragazzi con la passione del teatro ha messo in scena il 30 luglio un dramma di Eugene Jonesco, I rinoceronti ; mentre il giorno
successivo un giovane studente abruzzese, violinista ed amante della musica classica, ha proposto a tutti un ascolto commentato dell’op. 61 di Beethoven.
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La vacanza di questi universitari tuttavia non si è limitata solt anto ad una serie di incontri più o meno impegnati, ma vi sono stati momenti all’ aperto e di contatto con la città, come le due mattinate di giochi che, tra l’altro, hanno coinvolto tutta la città in una grande caccia al tesoro, e la gran de sessione di balli occitani avvenuta in un prato poco fuori il centro cittadino. Inoltre vi sono state alcune passeggiate in montagna.
Se dei giochi e dei balli ha impressionato l’appassionato agonismo ed il colore rumoroso (ma mai eccessivo), delle gite impressionava soprattutto il silenzio: cinquecen to giovani compresi tra i 19 e i 26 anni che salivano sui sentieri impervi di montagna in fila indiana e rigorosamente in silenzio!  «Questo non è uno sforzo ascetico  – sosteneva un giovane al ritorno da una di queste gite –  ma è un modo per osservare la realtà nella sua interezza e meravigliarsi della sua imponenza».
Un altro punto che è impossibile tralasciare è la frequenza e la bellezza dei canti di questi universitari. Non soltanto vi è stata una serata dedicata soltanto ai canti e non solo prima di ogni incontro vi sono stati dei canti per introdurre lo stesso incontro, ma ogni occasione era possibilità di canto. Quest’abitudine al canto diventava quasi commovente, quando, arrivati sulle “cime”, tutti i partecipanti iniziavano ad intonare i canti alpini, parte integrante della nostra tradizione.
Infine credo che questa vacanza, anche se di breve durata, abbia lasciato il segno sia in chi ha partecipato, sia in Bardonecchia ed è giusto auspicare che questo sodalizio prosegua.
 Andrea Pennini
* * *
Le vacanze degli Universitari sono state precedute nel mese di luglio da quelle delle famiglie del Piemonte e da quelle dei Cavalieri: ragazzi delle scuole medie italiani, francesi e svizzeri.
Nel mese di agosto il Villaggio Olimpico ha ancora ospitato gli adulti e le famiglie francesi ed infine un consistente gruppo di famiglie dell’Emilia Romagna, tutti appartenenti al Movimento di Comunione e Liberazione.

Colletta Alimentare 2008



«La durezza del tempo presente colpisce ormai tutto il nostro popolo.
La solitudine e la fragilità dei legami familiari e sociali rendono le persone ancora più povere, in uno scenario economico già allarmante.
In questa situazione, il semplice gesto di carità cristiana, che è il condividere la propria spesa con il più povero, è come “accendere un accendino nel buio”. L’estraneità e la paura sono sconfitte, può nascere un’amicizia che rilancia nella realtà col gusto di essere nuovamente protagonisti, sostenendosi nella quotidiana fatica del vivere».
Sabato 28 novembre si è svolto, com’è ormai tradizione da anni nella nostra cittadina, la 12ª edizione della Giornata Nazionale della Colletta Alimentare. È un gesto semplice di carità che ha visto protagonisti almeno 50 volontari che hanno dedicato il loro tempo alla Colletta: chi raccogliendo cibo fuori dai punti vendita, chi inscatolando prodotti, chi trasportandoli ai punti di raccolta.
In piena crisi economica e nonostante gli inviti della Protezione Civile a non uscire di casa per il maltempo – se ricordate ha nevicato tutto il giorno! – l’iniziativa è stata un vero successo.
Ringraziamo tutti i partecipanti che con impegno, generosità e letizia hanno reso possibile questo gesto – in ben cinque punti vendita del nostro paese – dal mattino alla sera, un riconoscimento particolare alle associazioni ANA, CRI, SCOUT, AGE, GIS, CARITAS, ragazzi dell’Oratorio e a tutte le persone di buona volontà che hanno dato la loro disponibilità anche a titolo personale.
I commenti di alcuni dei nostri ragazzi:
– Andrea: «Mi sono divertito, ho aiutato i bambini meno fortunati di me».
– Ilaria: «È bello aiutare la gente».
– Federico: «Mi sono divertito perché sono stato con i miei amici ed ho aiutato gli altri».

Don Antonello lascia Bardonecchia (2008)


DOPO DUE ANNI DI MINISTERO COMPIUTO COME VICEPARROCO

«Nessun addio, ma un arrivederci». È stato l’accorato invito che domenica 21 settembre la comunità di Bardonecchia ha rivolto al suo viceparroco don Antonello Taccori nella giornata di saluto prima del suo trasferimento nella parrocchia di Sant’Ambrogio.
Un pomeriggio iniziato in allegria nei locali dell’Oratorio con una festa organizzata dai giovani e dal Gruppo Scout che hanno preparato, per l’occasione, un video antologico con i più bei momenti trascorsi insieme a don Antonello.
Molti bardonecchiesi hanno voluto partecipare a questa commossa giornata culminata nella chiesa parrocchiale, dove l’ormai viceparroco emerito ha celebrato la sua “ultima” Messa. Insieme con la famiglia di don Antonello, c’erano il Sindaco di Bardonecchia Francesco Avato e il Sindaco di Valperga Davide Brunasso con una piccola delegazione di giovani canavesani che l’esperienza di Sydney aveva avvicinato.
A sottolineare l’amarezza di questo distacco è stato il Parroco don Franco Tonda: nel salutare calorosamente il suo vicecurato, ha voluto ricordare come certi  sì  di obbedienza nella vita di un prete costino: «Dobbiamo ringraziare il Signore – ha ricordato – per averci dato la grazia di accogliere le tue primizie sacerdotali, anche se dobbiamo riconoscere che due anni in mezzo alla nostra comunità sono stati così pochi da essere volati. L’obbedienza, che ogni prete depone nelle mani del Vescovo nel giorno della sua Ordinazione, e che ti ha portato qui in mezzo a noi, ora ti chiede di proseguire la tua strada verso la Bassa Valle. Siamo certi e ci auguriamo che porterai sempre vivo il nostro ricordo e che il tuo zelante lavoro con i giovani dell’Alta Valle, seppur con modalità differenti, potrà continuare».
Don Antonello, visibilmente commosso da non riuscire a prendere la parola per iniziare la Santa Messa, nell’omelia ha riletto i suoi primi anni di ministero a Bardonecchia partendo dalla parabola evangelica degli operai nella vigna: «La mia venuta in mezzo a voi è stata, per dirla con il Vangelo, un andare nella vigna.
La nostra vita è una chiamata continua, a tutte le ore, per andare nel campo del Signore. Parto verso Sant’Ambrogio con fede nel Signore, anche se i vostri volti, la vostra amicizia e l’esempio del vostro Parroco mi mancheranno».
La comunità ha voluto – infine – accompagnare il commiato di don Antonello con alcuni preziosi doni: un grappolo ligneo della scuola di intaglio del Melezet, una borsa in pelle e un simpatico cartellone con le firme di tutti i ragazzi di Bardonecchia e dintorni, con l’augurio che è rimbalzato nel cuore di molti in questi giorni: ARRIVEDERCI!
 Erman Lorenzin

PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

Signore Gesù, Tu sei il nostro grande Amico. Ti adoriamo perché sei il Signore e Salvatore del mondo. Ti ringraziamo per il dono del Tuo Amore che dalla Croce ci ha donato la vita dello Spirito.
Ti preghiamo perché sei il Buon Pastore delle nostre anime: donaci Pastori secondo il Tuo cuore: ardenti d’amore per Te e per la Chiesa, generosi nel fare di sé un dono totale d’amore, testimoni semplici della gioia, uomini lieti di riconciliazione e di pace, annunciatori coraggiosi del Vangelo, ministri umili del Tuo perdono, maestri autentici di preghiera, servitori appassionati dell’Eucaristia, Pane di vita eterna.
Fa’, o Signore, che possiamo vedere nei loro volti la luce e l’amore del Padre che solleva, conforta, sostiene. Donaci Sacerdoti santi.
Benedici i seminaristi della nostra Diocesi,perché li possiamo presto incontrare nel nostro cammino come Pastori buoni delle nostre anime.
Amen.
 Mons. Angelo Bagnasco

02/02/09

Convegno Cantorie Valsusine (2008)


Convegno Cantorie Valsusine
60º anniversario di fondazione della nostra Cantoria


Un’eccezionale manifestazione corale si è svolta domenica 8 giugno nella nostra chiesa di S. Ippolito,
in occasione dell’87º Convegno della Federazione delle Cant orie Valsusine, coincidente con il 60º anniversario di fondazione della nostra Cantoria.
La Messa delle ore 11, presieduta dal Vescovo Mons. Badini Confalonieri, con celebrata dal Parroco
don Franco Tonda, dal direttore dell’Ufficio Liturgico Diocesano don Giorgio Nervo e dal viceparroco don Antonello Taccori, è stata solenniz zata dai canti di «Cantantibus organis Caecilia Domino decantabat dicens:

Il pranzo dei coristi al Palazzo delle Feste. (foto Giorgio Malavasi)

140 anni di Azione Cattolica (2008)

(fotografie omesse)
140 anni di Azione Cattolica

Azione Cattolica: l’Associazione laicale più conosciuta e più vicina alla Chiesa ha compiuto, nel 2008, centoquarant’anni. Per l’occasione ci sono stati convegni a Roma, iniziative nelle varie Diocesi, articoli sui giornali. Per molti possono essere state notizie come tante, ma per chi di questa Associazione ha fatto parte e ne ha condiviso gli ideali, non è stata solo una ricorrenza.
L’appartenenza all’Azione Cattolica è stata – e per molti dei suoi iscritti è ancora – una forma di vita, un modo di essere che dà alla stessa esistenza un’impronta e una prospettiva particolare. Viene in mente il suo sorgere come Circolo femminile, quando in una scuola di Milano ad un professore laico che, in modo
critico ed ironico, chiede ai suoi allievi: «C’è ancora tra voi qualche ingenuo che va alla Messa?», tra il silenzio degli studenti intimiditi due ragazze rispondono:
«Noi siamo quelle ingenue». Da questo episodio, si racconta, Armida Barelli prende l’iniziativa di formare la Gioventù Femminile (la Gieffe), un gruppo di ragazze convinte che vogliono diventare apostole per diffondere la loro fede senza timori e timidezze e rendere gli altri partecipi delle loro certezze interiori.
Il movimento poi si allargò, si estese, con i rami degli adulti, agli Uomini e Donne a alla G.I.A.C. (gioventù maschile).

La Cappella di Santa Margherita (2008)


 (fotografie omesse)
La tradizionale celebrazione estiva alla cappella dedicata a Santa Margherita e San Sebastiano alle Grange Rhô si svolge quest’anno il giorno dopo la data fissata dal calendario, per la coincidenza del 20 luglio con la domenica. Nonostante una primavera e un’estate molto piovose, il sole oggi splende alto nel cielo e ci accompagna, prima durante il cammino verso la cappella, e poi nel corso di questa giornata di festa per le Grange della Rhô.
La borgata della Rhô è storicamente un importante luogo di passaggio per la traversata dell’omonimo Colle, antica via di transito conosciuta e utilizzata da tempo immemore come valico tra i due versanti, e, fino agli inizi del secolo scorso, abitata stabilmente da alcune famiglie dedite all’agricoltura e alla pastorizia. Il suo popolamento si è poi trasformato, dagli anni Dieci fino ai Sessanta del Novecento, in stagionale, con famiglie che la lasciavano in autunno e andavano a trascorrere l’inverno in paese per poi trasferirvisi nuovamente a primavera avanzata.
A ricordo del suo passato di nota e trafficata tappa per il valico della Rhô è stata nuovamente posta sul lato destro della cappella di Santa Margherita una lanterna, la cui luce, visibile da Bardonecchia, indica la via ai viandanti, così come una secolare tradizione perpetuata dagli abitanti della borgata la voleva, come faro nella notte.
Relativamente alla fondazione della cappella i documenti in possesso degli storici non permettono di indicare con precisione la data: tuttavia essa è citata in antichi scritti come già esistente nel 1488. Interessata da ristrutturazioni e consolidamenti nel 1604, nel 1953 e nel 2007, essa si erge come testimonianza della Fede che ha accompagnato le genti di montagna nel corso dei secoli.
È don Giorgio Nervo la guida del gruppo che affronta la salita dalla chiesa di Sant’Ippolito alle Grange: lungo il sentiero si snodano le tappe di preghiera della Via Crucis, rappresentate dalle Croci erette dalle famiglie della borgata a ricordo dei propri cari. Coloro i quali si trovano già nella cappella attendono l’arrivo della processione recitando il Rosario.

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Il gaio e festoso suono della campana annuncia l’approssimarsi del gruppo dei pellegrini alla cappella e poi l’inizio della celebrazione all’interno della cappella stessa. La Santa Messa, raccolta e partecipata, è officiata da don Franco: egli, nel corso dell’omelia, traccia un ritratto della vita e delle opere, vero esempio di fede e di assoluta dedizione a Dio, dei Santi cui è dedicato questo luogo di preghiera e
riferisce ai partecipanti di come oggi si celebri un momento di particolare gioia per le famiglie della borgata e per tutti coloro che a questi luoghi sono particolarmente affezionati. Gli imponenti lavori di restauro cui è stata sottoposta la cappella nel corso del 2007, che l’hanno restituita al suo antico splendore, sono stati completati, nel corso del 2008, dal restauro del rétable e del quadro, raffigurante i Santi Margherita e Sebastiano, posti sull’altare. Si è trattato di un lavoro estremamente delicato e accurato, eseguito con grande meticolosità dal laboratorio Lussiana, cui vanno i complimenti della comunità.
Il lavoro si è potuto concretizzare grazie alla generosità di una anonima persona che, da tempo, aveva legato la cifra necessaria per la spesa del restauro, da compiersi in sua memoria. Oggi inoltre, nel corso della funzione, viene benedetta la nuova statua di Santa Margherita: di pregevole fattura, è stata scolpita ad Ortisei, in Val Gardena, e raffigura la Santa con i suoi emblemi caratteristici: croce, drago e palma. Secondo la tradizione, infatti, Margherita d’Antiochia, nata nel 275, sconfisse il demonio, che l’aveva attaccata e inghiottita sotto le spoglie di un drago alato, squarciandogli il ventre con la croce che teneva tra le mani. La palma rappresenta il suo martirio, avvenuto con l’incarcerazione, la flagellazione e, infine, con la decapitazione (20 luglio 290), all’età di 15 anni, per essersi rifiutata di abiurare la fede cristiana.
La statua verrà collocata nella nicchia posta sopra la porta d’ingresso della cappella, a colmare il vuoto che da troppo tempo risaltava sulla facciata e, data la collocazione esterna, è stata rivestita di una particolare pellicola protettiva che la preservi dai danni provocati dalle intemperie. Il suo acquisto è stato fortemente voluto dalla sig.ra Irma Marre, che, insieme ad altri generosi fedeli, ne ha sostenuto gli oneri: il loro munifico gesto ha così contribuito al completaento e all’ulteriore abbellimento della facciata della cappella e ad essi vanno dunque i nostri più sentiti ringraziamenti.
In contrasto a tanta gioia, don Franco ricorda e condivide con tutti i partecipanti lo sgomento e la tristezza destati dalla notizia relativa agli atti vandalici compiuti da ignoti che, nella notte del 25 aprile scorso, hanno devastato, deturpato e rotto alcune Croci poste sulla mulattiera che
porta alle Grange.
La statua di S. Margherita, 
che sarà posta quanto prima
nella nicchia esterna sopra la porta d’ingresso. (foto Chiara Marino)
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Si tratta purtroppo di un crudele ed efferato episodio, già accaduto una decina d’anni fa, che colpisce duramente la sensibilità della nostra comunità: da esso, tuttavia, il Parroco ne trae motivo per esortare tutti noi a non piegarci mai alle offese alla nostra Fede, e, anzi, così come hanno fatto le famiglie le cui Croci sono state colpite dalla furia vandalica e che hanno immediatamente posto mano alla loro riparazione e ricollocazione, a ricostruire sempre con l’esempio della nostra vita le basi della nostra lealtà a Dio, nonostante gli attacchi che giungono, per quanto impetuosi e veementi essi possano essere.
Al termine della celebrazione è stato distribuito il pane benedetto, offerto quest’anno dalla famiglia Chareun; le famiglie della borgata hanno poi invitato i partecipanti a ristorarsi con caffè e dolci.
Da questi antichi sentieri, da queste antiche baite e da questa meravigliosa cappella il nostro pensiero si rivolge ai nostri cari avi, che qui sono nati, vissuti, e che hanno terminato la loro vita terrena dopo esistenze di durissimo lavoro ma ricchi di fede interiore, e che hanno profondamente amato questi luoghi. La nostra preghiera a Santa Margherita e San Sebastiano è che ci aiutino ad amarli e a preservarli quanto loro.
 Chiara Marino

* * *
La statua di Santa Margherita, scolpita dalla Ditta Moroder di Ortisei, è costata
2.250 Euro.

Il rapporto 2008 sulla libertà religiosa nel mondo, stilato dall’Associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”, parla di “cifre impressionanti che riguardano sessanta Paesi nei quali il diritto alla libertà religiosa è negato o fortemente limitato. Nell’elenco figurano Paesi comunisti (Cina, Corea del Nord, Cuba), gli Stati a regime dittatoriale, ed un gran numero di Paesi islamici, dove ai non musulmani è proibito professare la propria fede anche in privato. Il Continente cui va il triste primato dell’intolleranza religiosa, è l’Asia con ben venticinque Stati messi sotto accusa, in prima fila il Pakistan e Indonesia dove alle limitazioni e alle repressioni di carattere legale (fino alla condanna a morte) si aggiunge il clima di odio sociale nei riguardi delle altre fedi”.
(Dal quotidiano “Avvenire”, editoriale di Luigi Geninuzzi)

La Cappella del Monserrat (2008)


La Cappella del Monserrat

Il 15 maggio 1828 Francesco Medail, all’epoca curatore della cappella del Monserrat, acquistò a Lione un registro sul quale da quell’anno sono state riportate le “entrate” e le “uscite” riguardanti la cappella.
Da detto registro si rileva che ogni anno, dal 1828 – ma sicuramente anche prima, dato che l’affresco esistente all’interno della cappella porta la data del 1761, per cui si ha motivo di ritenere che la cappella già esisteva da quella data – il 2 luglio è sempre stato il giorno in cui si è celebrata la festa.
Fedeli a questa tradizione secolare, anche quest’anno il 2 luglio ha visto un gruppo di fedeli che accompagnati dal viceparroco don Antonello ha percorso la “via crucis” partendo dalla chiesa parrocchiale fino alla Grange Rhô e da qui, in processione con il Parroco don Franco Tonda, ha raggiunto la cappella, immersa nel verde dei prati in una splendida giornata di sole.
Nella sua omelia il Parroco ha ricordato quanto è stato fatto per il consolidamento della cappella a partire dal 2000 fino al 2008 compreso.
Si può dunque affermare che è stato fatto tutto quanto si doveva e si poteva affinché la cappella raggiungesse il suo attuale splendore.
Fra gli ultimi interventi, da segnalare il restauro dell’affresco all’interno della cappella raffigurante “La Annunciazione”, nonché la realizzazione della meridiana che era stata “coperta” in occasione di precedenti restauri.
A spese della parrocchia è stata installata ai piedi della collina, sulla quale sorge la cappella, una “bacheca” nella quale sono riportati alcuni cenni storici della medesima nonché alcune fotografie. Ciò per utili informazioni ai viandanti.
Da segnalare, infine, che in occasione della festa la sig.ra Bagnara Pasqualina in Medail ha fatto dono alla cappella di una tovaglia per l’altare con pregiato pizzo da lei stessa realizzato con l’uncinetto.

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Il 3 settembre la cappella è stata visitata da S.E. il Vescovo di Susa Mons. Alfonso Badini Confalonieri il quale il 2 luglio del 1996, non ancora Vescovo, già aveva raggiunto la cappella e celebrato la S. Messa in sostituzione del Parroco, quell’anno assente per motivi di salute.
Nella circostanza il Vescovo ha apposto sul registro della cappella la seguente annotazione:

«3 settembre 2008.
A seguito di invito del Parroco don Franco Tonda e del procuratore cav. Silvio Medail, alla presenza del sig. Bruno Romanello, decoratore, il Vescovo di Susa si è recato in visita delle cappelle di Santa Margherita alla Rhô e della Visitazione del Monserrat. Mi compiaccio per i lavori di restauro delle due
cappelle, effettuati con profondo spirito di fede e di amore per la S. Chiesa.
Sono curate come si cura il proprio salotto di casa, per il Signore si dona il meglio di sé e dei propri beni.
Ringrazio lo Spirito Santo che illumina i cuori dei fedeli e li fa attenti alla “Casa di Dio”, e benedico i parrocchiani di Bardonecchia ed in particolare coloro che, sotto la direzione dello zelante Parroco, hanno completato i lavori di restauro delle cappelle.
Alfonso Badini Confalonieri, Vescovo di Susa”.

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Sbarazzandosi di Dio e non attendendo da Lui la salvezza, l’uomo crede di poter fare ciò che gli piace e di potersi porre come sola misura di se stesso e del proprio agire. Ma quando l’uomo elimina Dio dal proprio orizzonte, dichiara Dio “morto”, è veramente più felice? Diventa veramente più libero?
Quando gli uomini si proclamano proprietari assoluti di se stessi e unici padroni del creato, possono veramente costruire una società dove regnino la libertà, la giustizia e la pace? Non avviene piuttosto – come la cronaca quotidiana dimostra ampiamente – che si estendano l’arbitrio del potere, gli interessi egoistici, l’ingiustizia e lo sfruttamento, la violenza in ogni sua espressione? Il punto d’arrivo, alla fine, è che l’uomo si ritrova più solo e la società più divisa e confusa.
BENEDETTO XVI


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