18/09/15

NOTIZIE DAL MUSEO "I PROFILI DI MARIA" (2014)


NOTIZIE DAL MUSEO
I PROFILI DI MARIA
Devozione e iconografia mariana 

In occasione della festa dello “Scapulaire”, il 19 luglio 2014, nel Museo di Arte Religiosa Alpina di Melezet, dedicato a don Francesco Masset, è stata inaugurata la mostra I Profili di Maria”.
Le attestazioni di culto verso la Beata Vergine nella conca di Bardonecchia sono testimoniate da una serie di edifici sacri a lei intitolati che nel corso dei secoli sono stati, e sono tutt’oggi, luogo di preghiera per  generazioni di fedeli e meta di processioni e pellegrinaggi.
La Madonna è stata invocata in tutti i secoli cristiani, con tante denominazioni legate alle sue virtù, al suo ruolo di corredentrice del genere umano e come Madre di Gesù, il Salvatore, alle sue innumerevoli  apparizioni, per i prodigi che si sono avverati con le sue immagini, per il culto locale tributatole in tante comunità.
Ricca è l’iconografia che in due millenni vede Maria protagonista, rappresentata in tutte le sue accezioni teologiche e in tutti i tempi e i fatti della sua vita: fanciulla, sposa e madre senza sorriso.
Nella lunga storia dell’iconografia della Natività, Maria ha sempre un ruolo di protagonista e una posizione centrale nella scena, ma è anche la figura che, quanto a postura e ad atteggiamenti, subisce più mutamenti.
Se confrontiamo la prima icona orientale nota con una delle principali iconografie occidentali relativa al Natale, quella dell’Adorazione, vediamo come la figura di Maria cambi progressivamente collocazione e postura: inizialmente raffigurata distesa su un giaciglio, progressivamente si alza, si siede, ruota fino a inginocchiarsi. Anche i colori attribuiti a Maria, nel corso dei secoli, sono cambiati, a seconda delle circostanze. Inizialmente è raffigurata con abiti scuri, come il nero, il grigio o il viola in segno di dolore. Il blu mariano, che non è un colore liturgico, si impose nell’iconografia del Medioevo centrale, fattore che  valorizzò inmodo decisivo nella società questo colore, anticamente utilizzato per indumenti da lavoro.
Il blu restò per molto tempo associato all’abito della Vergine, il quale passò poi al dorato in epoca barocca e al bianco dopo la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione (1854).
Inoltre ricordiamo che Maria è sempre stata rappresentata a capo coperto, e il velo che la copre simboleggia l’umiltà e la dignità regale.
Molti pittori e artisti hanno calato nell’immagine della Vergine la loro idea di bellezza femminile e l’arte sacra, di cui il nostro territorio è ricco, racconta la vita, ci accompagna in un mondo invisibile e ci segnala ciò che è nascosto dietro le apparenze.
Essa comunica il sacro che è nell’uomo e trasmette i suoi messaggi in maniera leggibile e umanamente coinvolgente, come nel caso della Cavalcata dei Vizi della Cappella dei Santi Andrea e Giacomo di Horres, o nel Giudizio Universale della Cappella di San Sisto a Pian del Colle. Di fronte a queste rappresentazioni, il montanaro del XVI secolo poteva coglierne il significato e imparare i giusti insegnamenti ed il nostro ambiente, ricco di boschi, ha permesso ai nostri antenati di esprimersi nelle svariate tecniche lignee, producendo un’abbondanza di sculture e arredi intagliati.
Inizialmente la tradizione popolare del Medioevo faceva un uso spesso libero ed occasionale delle immagini mobili, quali, ad esempio, le statue. Statue policrome, singole o in gruppo campeggiavano spesso sugli altari in funzione di ancone dei Santi titolari, oppure venivano accostate ad un ricco contesto pittorico. Per esempio, nella Cappella del Coignet, presso Les Arnauds, in un campo rettangolare, curiosamente non coperto da figurazionima solo ornato damotivi decorativi vegetali posto a ridosso della parete absidale affrescata nel 1496, fu inserita un’immagine plastica: la statua della Madonna col Bambino attorniata dall’ancona dell’Annunciazione.
Negli atti delle Visite pastorali effettuate da Bernard Jertoux nel 1583-84 nelle nostre chiese, sono spesso citate le immagini lignee e se ne esaltano il pregio e lo stato di conservazione.
L’azione della Controriforma mira ad una completa riorganizzazione della liturgia e ad un’accorta disciplina delle consuetudini devozionali.
L’Arcivescovo Broglia a fine ’500 si limita ancora a disporre la ridipintura di alcune statue e non la loro eliminazione, ma col passar del tempo vengono sacrificate antiche immagini perché deteriorate o non più compatibili con i nuovi canoni.

Statue anche pregevoli non sono più considerate sufficienti a costituire il corredo iconografico degli altari, i quali saranno poi arredati con belle ancone dipinte rappresentanti le immagini della Madonna o dei Santi titolari per poi trasformarsi successivamente, in epoca barocca, nei fastosi “retables” che ornano ancora oggi le nostre chiese. Il Museo, benché di ridotte dimensioni, è ricco di sculture che ci comunicano il sacro, il messaggio divino, ci parlano dei prodotti dell’uomo, raccontano la vita e i sentimenti comuni dei nostri antenati, del loro modo di vivere, delle loro paure e ci coinvolgono ancora oggi, poiché le nostre immagini sacre continuano a “lavorare”, come scrisse T. Scarpa, dopo aver visitato la nostra struttura; alcune persone si recano al Museo, non solo per visitarlo, ma per pregare, esse seguitano a venerare la statuetta della Madonna del Tabor, scesa dal monte per essere salvaguardata, quindi, possiamo dire che l’estetica non ha azzerato del tutto la fede. Diamo quindi, parole alle immagini e sentiamole come testimonianze presenti di un passato che continua a essere vivo.

Non tutti sanno che da alcuni anni il Museo ospita due Pietà dette del Tabor: si tratta di due statue lignee, aventi lo stesso tema, ma una diversa venerazione. La prima ha dimensioni ridotte rispetto all’altra, venne intagliata nel 1804 a Saint Michel e donata alla Cappella da Louis Trocas e Jean Tommaset di Valmenier; subì un restauro nel 1899.
Per la seconda, sappiamo da documenti d’archivio (Arch. Melezet, fald. 27, cart. 348), che nel 1858 fu  pagata, al signor Carlo Castania doratore a Torino, la somma di venti franchi come acconto per la Vergine di Nostra Signora del Monte Tabor e che il 23-09-1858 la comunità diede a Monsignor Valleret la somma di quindici franchi per il saldo del pagamento della Vergine comprata a Torino, compreso il pagamento del restauro del retable e delle statue ai lati dell’altare.
Dopo pochi anni si decise di aggiungere alla statua un reliquiario che facesse da piedistallo e, così il 21-03-1863 si pagò la somma di venti franchi al Sig. Carlo Castania per il suddetto lavoro. Si aggiunsero poi ancora per lo stesso oggetto la somma di due franchi e undici soldi per il trasporto da Susa a Torino e il prezzo del vetro e del nastro, la posa della reliquia all’interno.
La statua venne restaurata e ridipinta nel 1927.
È questa la statua maggiormente venerata dalla comunità di Melezet, quella che puntualmente viene esposta in chiesa parrocchiale in occasione della festa dello Scapulaire e che, pur risiedendo ormai perennemente al Museo di Melezet, raccoglie ancora le preghiere e le meditazioni di alcun parrocchiani, all’interno del Museo stesso.
Esiste però dal 2007 una terza Pietà del Tabor scolpita dal sig. G. Nuvolone che venne trasportata in cima al monte dopo essere stata benedetta da don Gian Paolo Di Pascale il 15 luglio 2007.


Ancora molto venerata è la statua lignea, recentemente restaurata, rappresentante una Madonna col Bambino, proveniente dalla Parrocchiale di Rochemolles. In occasione della festa di San Pietro, essa ritorna nella sua Parrocchia natia per essere invocata dalla comunità locale. Il manto della Vergine è azzurro scuro, la veste è laccata in rosso carminio su fondo metallico con effetto di smalto traslucido. Dopo il restauro e con una adeguata ripulitura, la capigliatura scura di Maria ha acquisito un naturale colore biondo.
Meno note, ma molto venerate, sono le Madonne nere, come quella dello Charmaix. Si tratta di una statuetta alta 40 cm., esposta nella Cappella-santuario, in località Charmaix nei pressi di Modane (Francia), scolpita nel marmo bianco e ricoperta nella metà superiore da una vernice nera. La Vergine porta il Bambino sul braccio sinistro, il braccio destro regge uno specchio di 3 cm. La statua è avvolta da un lungo mantello. Lo specchio che non si appanna vorrebbe rappresentare la purezza e l’amore fedele.

A Bardonecchia, nella borgata Les Arnauds, vicino al ponte detto del “Marèze” che dà accesso alla strada per il Pian del Sole, si trova una Cappella, costruita su un oratorio fatto da Marc Vachet, benedetto nel 1792, crollato nel 1886. Tale Cappella fatta costruire da Giov. Francesco Vachet nel 1887, fu benedetta l’anno successivo da Giov. Batt. Valleret e dedicata a Maria Ausiliatrice dello Charmaix . Già il vecchio oratorio custodiva una statua della Vergine; nel 1795, durante il passaggio di truppe francesi, la statua venne gettata nella scarpata del fiume. Successivamente fu ritrovata, restaurata e riportata nella sua sede.
A Bardonecchia, in località La Rhô, il titolo di “Monserrat” venne aggiunto alla Cappella della Visitazione nel 1700, per un voto di un marinaio di Bardonecchia, Jean Moutoux, che, salvatosi da un naufragio sulle coste della Spagna, portò la devozione alla Madonna venerata sulle montagne della Catalogna; si trattava di una Madonna nera.
Purtroppo l’antica statua settecentesca fu rubata anni fa.
La figura di Maria compare anche in altre raffigurazioni religiose, come nel Compianto, proveniente dalla Parrocchiale di Melezet, ora al Museo. Si tratta di una tela seicentesca, restaurata recentemente, in cui Gesù figura in primo piano, avvolto parzialmente da un lenzuolo, prima di essere deposto nella tomba, mentre leggermente arretrati troviamo gli altri soggetti, la Vergine, la Maddalena, Maria di Cleofa e Giovanni.
Nella nostra conca non esistono molti esempi di Madonne in Trono, ma ne citeremo alcuni, sicuramente poco conosciuti.
In genere in questi casi la Vergine viene rappresentata seduta, con il Bambino in grembo, attorniata da angeli o da santi. Partendo da Bardonecchia è possibile fare una passeggiata, un po’ in salita, per  raggiungere la Borgata Chaffaux e ammirare una piccola Cappella dedicata a M. Maddalena,
restaurata recentemente, affrescata sia internamente che esternamente. È proprio su una parete esterna che si trova la nostra immagine, piuttosto imponente, risalente al 1530 circa. Questo affresco esprime la regalità di Maria che accoglie il viandante che arriva dal basso. I fedeli possono alzare lo sguardo e contemplare nella Madonna l’esempio più bello da seguire.

Un altro esempio poco valorizzato è un dipinto su tela rappresentante la Madonna in Trono tra i Santi Giacomo e Andrea, i due titolari della Cappella di Horres; Cappella molto più conosciuta per i suoi affreschi che non per questa probabile pala d’altare, dipinta da Claude Moreo nel 1666. Questo quadro ha subito molte cadute di colore, andrebbe restaurato, ma merita uno sguardo, se non altro per l’iconografia non così comune nella nostra zona.
Per passare a tempi più recenti, dobbiamo ricordare che molte abitazioni di Bardonecchia e dintorni conservano esposte sulle facciate delle Madonnine, in legno o in ceramica, di varie fogge, probabilmente poste a protezione della casa stessa, forse per sostituire l’usanza dei nostri avi di scolpire su una pietra in facciata una croce e le iniziali del proprietario.

Tratto dalla dispensa “I profili di Maria”, di Daniela Ferrero e Valeria Bonaiti


L’ANGOLO DELLA POESIA

IL MIO PAESE
Qui è la vita che conosco.
Qui c’è la mia anima e il mio cuore.
Ora sento, la mia terra è qui.
Qui dove c’è la mia gente
qui dove usi e costumi
stagioni e memorie
radicarono i miei affetti.
Mi bastano questi prati
questi rasserenanti monti.
Quest’aria fina e questo cielo,
la neve di dicembre
e il gelo che imprigiona.
Legata a te per sempre
qui a strappare rovi
che coprono il cammino
per far sbocciare rose.
Qui a trapiantare fragole
e a seminare trifoglio
per godere la gloria del giardino!
Quell’odore di neve e di casa
nel mio piccolo paese
mi spezza le corde del cuore,
quando il crepuscolo
scolora le pinete
e le prime stelle
dettagliano le cime.
Sei il mio primo amore,
come potrei abbandonarti?

GRAZIELLA VACHET (Natale 2014)