07/08/13

La Confraternita di Sant'Ippolito (dal 1458 al 1692)

Confraternita di Sant’Ippolito

(Trascrizione e traduzione a cura di Guido Ambrois)

Prima pagina della REGOLA della Confraternita di Sant'Ippolito (latino)

Nota del redattore del blog
Il manoscritto della Confraternita è elencato nel Catalogo dell'Archivio (Monticone 2005) come segue:

Confraternita di Sant'Ippolito
25               306           1490 - 1692                                                                                                                      5062

Registro della Confraternita comprendente gli statuti, l'elenco degli iscritti, la contabilità
Il registro presenta una coperta in pergamena riciclata (probabilmente un atto notarile del secolo XV) rinforzata con alcune pagine a stampa sovrapposte (secolo XVI?). Alcune pagine sono finemente decorate, come pure gli incipit dei capitoli statutari. Allegate vi sono le trascrizioni di alcuni documenti contenuti nel registro.
1 registro, cartaceo, scrittura notarile, latino, francese

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NOTIZIE STORICHE SULLA CONFRATERNITA


Della confraternita di Sant’Ippolito ci è pervenuto un libro che copre il periodo dal 1458 al 1692. E’ il documento più antico presente negli archivi parrocchiali. Nulla si sa della data di istituzione della confraternita, tuttavia si può ipotizzare che risalga almeno al secolo XIII. Nel documento che ci è pervenuto si fa infatti cenno a norme di “tempi antichi” stabilite “dai nostri antenati”. Si fa quindi riferimento ad un periodo piuttosto lontano da quando dette regole, probabilmente prima tramandate a voce e poi messe per iscritto, sono state riscritte ”da un antico originale”.
La confraternita disponeva di una propria cappella, di cui si ignora la data di costruzione, dedicata a Sant’Ippolito. L’edificio era situato dietro l’attuale casa parrocchiale, in via Tre Croci. La tradizione vuole che sorgesse sulle rovine di un tempio pagano e che fosse la prima testimonianza della nuova evangelizzazione. La chiesetta era in stile romanico, ad una sola navata a volta rotonda, orientata est-ovest, con abside, e tre piccole finestre che arrivavano al piano dell’altare, quasi addossato al muro. Nel libro della confraternita si fa riferimento ad alcuni interventi di restauro sull’edificio.


Durante la rivoluzione francese la cappella servì come granaio e fienile ed in seguito subì un incendio. Quando, nel 1806, la vecchia chiesa parrocchiale fu chiusa per crollo parziale, la cappella fu utilizzata, previo adattamento ed ingrandimento, per svolgervi le funzioni religiose. Nel 1829, per le sue pessime condizioni, il genio civile ne ordinò la chiusura ed il Vescovo ne decretò l’interdizione al culto. In mancanza di fondi per ripararlo, l’edificio fu venduto e trasformato in abitazione civile, l’attuale casa Barneaud, sul tetto della quale svetta ancor oggi l’antica croce in ferro. 


DESCRIZIONE DEL DOCUMENTO


Il volume, forse inizialmente rilegato in pelle, è ricoperto col retro di una pergamena, con molte lacerazioni, recuperata probabilmente da un atto notarile. Non è possibile leggere il contenuto della pergamena, databile al XIV secolo, in quanto la si dovrebbe staccare dal volume. Gli interni della copertina sono rinforzati con due pagine a stampa sovrapposte, derivate da un messale di fine 1400, con testo a doppia colonna a due colori con  rubriche in rosso (foto a lato).
Il testo del documento è scritto a mano, parte in latino con scrittura notarile e con iniziali dei capoversi miniate, parte in francese con scrittura meno ricercata.
Sul recto del primo foglio, non numerato,compaiono alcune righe scritte in latino con scrittura corrente: in testata (di cui due parole sono di dubbia intepretazione), al centro ed al fondo. Il suo verso è bianco come pure bianco è il foglio seguente sia sul recto che sul verso.
I successivi fogli del registro sono numerati progressivamente in alto a destra del recto. La numerazione non comprende il foglio 71, erroneamente numerato 72. 

Nella prima parte del testo, dal foglio n° 1 al recto del n° 11, sono riportati in latino gli statuti della confraternita approvati, nel 1490, per il buon andamento della vita della confraternita. Le direttive riguardano la preghiera in comune, la partecipazione alle funzioni religiose, il comportamento verso i confratelli bisognosi d’aiuto o di conforto, la partecipazione ai loro funerali.

La prima pagina è riccamente ornata, nelle successive la prima iniziale di ogni capoverso è abbellita con diversi motivi che sono stati evidenziati nella trascrizione. Curiosa è la presenza di un profilo maschile in uno di questi (foto a lato), e nella pagina iniziale (foto a fine paragrafo).
Erano stati lasciati in bianco i fogli dal verso del n° 11 al recto del n° 27 probabilmente per successive eventuali modifiche delle norme. In effetti al foglio n° 12 compaiono nuove aggiunte scritte in francese nel 1584. Queste ultime disposizioni non sono approvate dalla maggioranza dei confratelli, come stabilito in precedenza, ma imposte dal delegato dell’Arcivescovo di Torino durante una visita pastorale.

La prima pagina è riccamente ornata, nelle successive la prima iniziale di ogni capoverso è abbellita con diversi motivi che sono stati evidenziati nella trascrizione. Curiosa è la presenza di un profilo maschile in uno di questi (foto a lato), e nella pagina iniziale (foto a fine paragrafo).
Erano stati lasciati in bianco i fogli dal verso del n° 11 al recto del n° 27 probabilmente per successive eventuali modifiche delle norme. In effetti al foglio n° 12 compaiono nuove aggiunte scritte in francese nel 1584. Queste ultime disposizioni non sono approvate dalla maggioranza dei confratelli, come stabilito in precedenza, ma imposte dal delegato dell’Arcivescovo di Torino durante una visita pastorale. 
Le nuove prescrizioni, assieme ad una precedente, sono state in seguito abrogate dall’Arcivescovo di Torino Carlo Broglia nel corso della visita pastorale del 1609 (verso del foglio 12 – scritto in latino, calligrafia normale).
In basso ed a destra della stessa pagina è presente un piccolo ritaglio con annotazione in francese, firmato Jean de Nevache, datato 24 febbraio 1690. Si tratta di una ricevuta per la celebrazione di messe richieste dalla Confraternita.
A partire dal foglio n° 13 e sino al foglio 24 (recto), compaiono trascrizioni in francese dei precedenti precetti in latino “per essere più facilmente enunciati e perche ognuno dei confratelli non ignori d’osservare ciò che con personale giuramento ha promesso”. Probabilmente le norme in francese risalgono al 1595 quando le nuove iscrizioni dei confratelli sono riportate nella stessa lingua.  
Di seguito sono riassunte le disposizioni emesse nel 1584 dal delegato arcivescovile mentre a lato sono annotate, sempre in francese, le varianti dell’Arcivescovo Broglia del 1609.
Dal fatto che le regole siano state trascritte in francese si potrebbe dedurre che in un primo tempo gli iscritti alla confraternita erano in grado di comprendere il latino e quindi appartenevano ad un ceto istruito e relativamente agiato. Probabilmente la confraternita rappresentava una associazione riservata ad una cerchia piuttosto ristretta. Successivamente furono ammesse anche persone che ignoravano il latino, compreso solo più dal clero, dai notai e da pochi altri. Di qui la necessità della trascrizione in una lingua accessibile a tutti anche se, abitualmente, nell’uso quotidiano veniva usato il patois.
Sono rimaste in bianco le pagine dal foglio 24 (verso) al foglio 27 (recto). Tra i fogli 26 e 27 è inserito un foglio non numerato. Sul verso del foglio 27 si dichiara, in latino, che le annotazioni nelle pagine successive (foglio 28 e seguenti) riguardano gli elenchi delle persone ammesse alla confraternita e si specificano i significati dei simboli che compaiono a fianco dei nominativi.
Le nuove iscrizioni, anno per anno,  avvenivano dopo le funzioni religiose, di solito il giorno della festa di Sant’Ippolito, più raramente nel giorno della dedicazione della cappella. Questa data non è indicata in modo univoco in quanto si fa riferimento alcune volte al 28, altre al 29 oppure al 30 dicembre.
L’elenco dei nuovi confratelli si ferma al 1692 (foglio 84 recto).
I nomi dei confratelli sono scritti inizialmente in latino con caratteri notarili. A partire dal 1494 compaiono a lato di alcuni nominativi annotazioni, in francese, delle date della loro morte. Successivamente al 1565 (foglio 47, verso) si utilizza solo più la lingua francese.
Dal 1595 risultano iscritte alla Confraternita anche donne, mogli o figlie di confratelli. Negli elenchi si riscontrano i nomi delle più antiche famiglie di Bardonecchia i cui discendenti sono ancora oggi presenti in loco.
Inframezzate a tali liste compaiono annotazioni relative a rendiconti, ricevute di quanto pagato per la celebrazione di messe e di alcuni pagamenti di tasse fatti dal procuratore della confraternita (fogli 79-80-81), spese relative a restauri alla cappella e donazioni di oggetti per il culto. Tra le donazioni alla Confraternita, oltre a lasciti in denaro o di terreni, compaiono anche un’arnia e due pecore.
In alcuni casi, nel seicento, oltre a Sant’Ippolito si trova un riferimento a San Giorgio. In uno si tratta di una donazione fatta “alle cappelle e confraternite di Sant’Ippolito, San Giorgio e dei Penitenti”. In altri si identifica Gianbattista Barbier come “procuratore delle chiese di Sant’Ippolito e San Giorgio”. Sono queste le uniche tracce della possibile esistenza della Confraternita e della chiesa di San Giorgio. Potrebbe però trattarsi di una sola Confraternita e che al nome di Sant’Ippolito sia stato successivamente affiancato quello di San Giorgio.
Nel 1625 è stilato un verbale in cui si stabilisce di nominare, in ausilio dei priori, alcuni consiglieri.
La terribile epidemia di peste del 1630 è ricordata quando si annota che la messa, a causa del contagio, è detta all’aperto nel luogo dove si pensava di erigere la cappella a San Rocco (foglio 70).
Tra i fogli 90 e 91 sono inseriti due documenti notarili stilati su fogli più piccoli. Nel primo si tratta di una cessione di un terreno alla Confraternita, in pagamento di un debito contratto precedentemente, e della sua concessione in affitto a fronte di canoni da pagare annualmente. Nel secondo la Confraternita fa valere i suoi diritti, derivati da una disposizione testamentaria. Curiosa è l’annotazione sul retro del documento, fatta evidentemente in un secondo tempo da un’altra persona, in cui sono riportati i prezzi dello zucchero e di alcune spezie che probabilmente avevano subito aumenti notevoli perché sono accompagnati dall’annotazione: “il tutto per andare in rovina”.
A partire dal retro del foglio 91 sono elencati, divisi per località, i confratelli in vita nel 1565 che partecipano all’elezione dei procuratori. Gli iscritti sono complessivamente 297 così suddivisi:
          Bardonecchia      161
          Les Arnauds        36
          Melezet            22
          Millaures           9
          Savoulx            13
          Beaulard           53
          Forestieri          2
Compare una sola persona di Rochemolles, elencata tra quelle di Bardonecchia.
Si tratta di un numero notevole d’iscritti alla Confraternita se lo si considera in rapporto alla popolazione di allora. Pur non disponendo di dati anagrafici riferiti all’anno in questione, si può ipotizzare la presenza complessiva nelle diverse località di due-tre migliaia di persone, raggruppate in quattrocento-cinquecento famiglie.
Nei documenti ufficiali relativi alla peste del 1630 si parla di 791 morti su un totale di circa mille residenti nel capoluogo. All’inizio del secolo XVIII risultano viventi a Bardonecchia 807 persone, a Les Arnauds 156, al Melezet 366, a Millaures 347, a Rochemolles 389.
Inframezzati a questo ultimo elenco del 1565, vi sono ulteriori annotazioni di cessioni di terreni in affitto con i relativi pagamenti.
Mentre nella trascrizione è stata seguita fedelmente la successione delle registrazioni, nella traduzione si è preferito riportare, per omogeneità, queste annotazioni prima dei nominativi dei confratelli viventi nel 1565, evidenziando a lato il numero effettivo del foglio.      
Il libro della Confraternita si chiude con la pagina in cui sono trascritti i due confratelli forestieri.
Sono rimasti in bianco i fogli: 41 verso – 81 verso – 84 verso – 85 – 86 – 87 – 88 – 97 verso – 98 recto - 99 verso – 102 verso – 103 verso – 104 verso.
I due profili grotteschi della pagina iniziale

NOTE ALLA TRASCRIZIONE E TRADUZIONE

I primi estensori delle norme della Confraternita hanno attribuito al testo, in latino, un carattere d’importanza sia per il tipo di scrittura utilizzata sia per la presenza di capoversi miniati. La stessa grafia è stata utilizzata negli elenchi degli iscritti alla confraternita redatti anch’essi in latino. Col passaggio alla stesura in francese tale carattere di solennità è andato via via perdendosi e molte pagine risultano scritte con grafia normale ed anche a volte piuttosto minuta e poco leggibile. 
Nella trascrizione della parte in latino si è cercato di utilizzare caratteri tipografici che, pur non corrispondenti fedelmente all’originale, conservassero l’impressione di testi antichi ed solenni. Nelle pagine scritte in francese, dove si alternano diverse grafie con annotazioni fatte anche in epoche successive, si è cercato di evidenziare le differenze utilizzando caratteri tipografici diversi, anche se dissimili dallo scritto originale.
E’ stata seguita il più fedelmente possibile l’impaginazione originale trascrivendo le parole come sono state scritte ed integrando solamente, in parentesi, le parole abbreviate.
Purtroppo non sempre mi è stato possibile, per la grafia minuta a volte ridotta a poco più di un semplice tratto, riportare completamente lo scritto originale.
Le difficoltà d’interpretazione si riscontrano in particolare nel foglio 90 rendendo il testo frammentario e poco scorrevole. Questo si riflette anche nella traduzione del testo non sempre sicura.
In alcuni casi, per la grafia minuta o per la presenza di diverse abbreviazioni, non è stato possibile riscrivere quanto scritto in un solo rigo in quanto si sarebbe dovuto utilizzare un carattere molto piccolo. E’ stato comunque rispettato l’andare a capo presente nel testo. Per la stessa ragione, in alcuni casi, il contenuto di una sola pagina compare nella trascrizione in due pagine. Sia nella trascrizione che nella traduzione è stata mantenuta la numerazione originale dei fogli.
Nella traduzione, accanto ai nomi degli iscritti non sono stati riportati, in quanto facilmente reperibili nel testo trascritto, i riferimenti S, P, +, che compaiono a fianco di molti nominativi, e che indicano: il pagamento della quota all’atto dell’iscrizione (S), il conferimento della carica di priore (P), e l’indicazione della morte (+).
Le date, indicate nella parte in latino con numeri romani, sono state riportate nella traduzione con la forma attuale.
Per alcune persone i nomi sono preceduti da titoli riguardanti la loro condizione e riportati in forma abbreviata:
“N” sta per “Noble” e veniva usato per i discendenti dei cosignori di Bardonecchia, più raro l’uso di “Seigneur”; per i sacerdoti era utilizzato “Me” abbreviazione di “Messire”, oppure più raramente “Mr” per “Monsieur” o “D” per “Dominus”; quest’ultimo termine era utilizzato anche per le persone nobili; con “Mre” o “Mtre”, forme abbreviate di “Maître” che è stato tradotto con “mastro”, si designavano i notai; il termine “Honneste”, tradotto letteralmente “onesto”, ha lo stesso significato attuale di “signor”.
Alcune volte compare il termine “potestat” che non ha il significato moderno di podestà, usato in epoca fascista per designare l’attuale sindaco, ma indicava una persona, nominata dal signore di Bardonecchia, che lo rappresentava ed assumeva in pratica poteri giudiziari. Le incombenze giuridiche della carica furono mantenute anche dopo il riscatto della signoria da parte della comunità.
Il termine “consul”, di evidente derivazione dal latino, sta ad indicare una carica elettiva paragonabile all’odierno sindaco. Ancora oggi nel patois di Bardonecchia il sindaco è indicato col termine “cosu”. La carica ha avuto nel 1329 il suo riconoscimento ufficiale da parte del Delfino e dei Cosignori di Bardonecchia. Tutti gli abitanti eleggevano annualmente alla Candelora due Consul ed un consiglio col compito di stabilire e ripartire imposte per le spese comuni e stilare le regole locali. La mansione non comportava ricompense in denaro e chi non assolveva bene la sua funzione non poteva più essere rieletto. Il rito d’investitura dei Consul prevedeva la presenza del castellano che reggeva i Vangeli sui quali i neo eletti giuravano fedeltà al Delfino ed ai suoi successori e s’impegnavano, pena la destituzione, di amministrare la comunità fedelmente e legittimamente.

Particolare dalla pagina iniziale
Nota
L'Edizione del Manoscritto sul Blog è stata suddivisa in 3 parti e rispetta il lavoro dell'autore.

1 - La Confraternita di Sant'Ippolito (La presentazione dell'autore)

2 - La Trascrizione -
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